Gli analisti finanziari vedono sempre di più un rialzo dei tassi a 75 punti base, da parte della Fed il 21 settembre, ma non è escluso un aumento fino a 100 punti base. Diciamo che 75 è il minimo previsto per frenare l’inflazione sempre più sostenuta, anche in America, dove la Banca Centrale americana farà di tutto per frenarla, esattamente come ha iniziato a fare anche la Bce in Europa.
I mercati finanziari sono pronti, per questo gli analisti, non prevedono reazioni scomposte. Ad agosto negli Usa l’inflazione ha superato l’8%, rendendo prevedibile una mossa pesante da parte della Banca Centrale, come tra l’altro, fatto intendere già al meeting di Jackson Hole.
Anche gli Usa inseguono la stabilità dei prezzi al 2% circa, pertanto la Fed ha mani libere per alzare i tassi e correggerli fino ad obbiettivo raggiunto. L’indice manifatturiero risulta ancora in espansione a 52,8 e in crescita risulta anche il settore dei servizi a 56,9 sostenuto dai consumi delle famiglie.
Entro il 2023 i tassi aumenteranno fino al 4,25 – 4,50 e non è escluso che già a settembre l’aumento sia portato a 100 punti per accellerare i tempi. Se la finanza ha già scontato queste previsioni, l’economia reale avrà un brusco risveglio in senso negativo. un rallentamenti della crescita è atteso sia in Europa che in Usa ed è sempre più probabile una recessione da entrambi i lati dell’Atlantico. Nonostante, secondo altri analisti l’inflazione sia importata, almeno in Europa, il che potrebbe portare ad un fenomeno economico molto disdicevole, la stagflazione: prezzi ancora sù e stagnazione economica. Un incubo per governi e banche centrali.
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