
Reddito di libertà INPS. Per le donne vittime di violenza l’INPS ha stanziato delle risorse economiche, accessibili a seguito di apposita domanda all’INPS che rientrano nel reddito di libertà. Un aiuto, che in sostanza, vale 400 euro al mese per un massimo di 12 mesi, e che potrebbe fare la differenza almeno nel coprire quelle spese fisse che ogni donna, magari con piccoli al seguito, si trova giornalmente ad affrontare. Ma vediamo cos’è e come ottenere il reddito di libertà.
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Reddito di libertà
Reddito di libertà. I dati sulla violenza ai danni delle donne sono impietosi. L’Istat ha, recentemente calcolato, che il 31,5% delle donne dai 16 ai 70 anni ha subito, nell’arco della propria vita, una qualche forma di violenza fisica. Oltre 4 milioni di donne hanno subito violenza sessuale ben 652 mila hanno subito un vero e proprio stupro, mentre altre 746 mila hanno subito un tentato stupro.
Il 24,7 % delle donne ha subito violenza da parte di uomini non partner, mentre il 13,6% da partner o ex partner. Il reddito di libertà dunque, si inserisce in un contesto di particolare fragilità delle donne, che lo Stato cerca di tutelare anche con un aiuto economico, seppur minimo, che possa dare un margine di maggiore sicurezza alle donne.
I fondi del reddito di libertà per le donne vittime di violenza, 400 euro al mese per un massimo di 12 mesi, sono previsti per coprire quelle spese di necessità di carattere abitativo e per il finanziamento dei costi per l’istruzione dei figli.
Così come recita la circolare INPS n. 166 del 8-11-2021, il reddito di libertà viene istituito in un momento particolare, legato alle difficoltà portare dalla crisi economica legata al Covid-19, che ha colpito in misura maggiore le donne rispetto agli uomini, determinando un calo dell’occupazione femminile, che in casi già precari di solitudine, collegati a situazioni di precedente violenza subita da parte delle donne complica il quadro complessivo per moltissime donne prive di un reddito sufficiente per ricostruirsi una vita.
Al fine di contenere i gravi effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, in particolare per quanto concerne le donne in condizione di maggiore vulnerabilità, nonché di favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà, l’articolo 105-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, rubricato “Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza”, ha previsto, per l’anno 2020, l’incremento di 3 milioni di euro del “Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità” di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
Circorcalre INPS 166/2021

Violenza da partner o ex (1) | Violenza da non partner (2) | Totale (2) | |
Violenza fisica o sessuale | 13,6 | 24,7 | 31,5 |
Violenza sessuale | 5,8 | 17,5 | 21,0 |
Violenza fisica | 11,6 | 12,4 | 20,2 |
Stupro o tentato stupro | 2,4 | 3,4 | 5,4 |
Stupro | 2,0 | 1,2 | 3,0 |
Tentato stupro | 1,1 | 2,5 | 3,5 |
(1) per 100 donne con partner attuale o ex | |||
(2) per 100 donne dai 16 ai 70 anni |
Sempre l’Istat conferma inoltre quello che in parte si sospettava già. Nel mondo del lavoro, la crisi Covid, ha colpito in maniera pesante le donne. Su 444 mila occupati in meno, a perdere il lavoro per il 70% sono state donne, con un impatto sul reddito chiaramente negativo. Il reddito di libertà è quindi un aiuto concreto da parte dello Stato per fronteggiare una situazione momentanea particolarmente drammatica per molte donne, non solo nell’aspetto emotivo e fisico ma anche in quello prettamente economico.
Non sono di certo questi gli interventi che creano un cambio di rotta nel porre fine alle violenze di ogni tipo, ma piuttosto andrebbe fatto un intervento di tipo culturale, che però presupporrebbe un cambiamento di abitudini e comportamenti, da parte di tutti, ritornando ad uno schema di valori tradizionali, sempre più ostaggio della secolarizzazione della società odierna, che sembra non vedere tutti gli aspetti socialmente negativi di una cultura che ha cancellato il passato, bollandolo tout court come non degno di rispetto. L’educazione dovrebbe essere la base della società e dovrebbe partire direttamente dalle famiglie, dai genitori.
A chi spetta il reddito di libertà
Il contributo economico dell’INPS spetta alle donne con o senza figli, facenti parte di un programma antiviolenza, presso un centro antiviolenza riconosciuto dalla regione e dai servizi sociali. Per ottenere il reddito di libertà bisogna essere cittadine italiane, comunitarie o extracomunitarie in possesso di regolare permesso di soggiorno.
Come fare domanda per il reddito di libertà
La domanda del reddito di libertà deve essere fatta dalla donna interessata (o da un suo rappresentante legale) all’INPS con il tramite del comune. Bisognerà presentarsi all’ufficio del comune, dove l’incaricato inoltrerà la domanda per via telematica collegandosi al sito dell’INPS (www.inps.it) dove cercherà la prestazione “Prestazioni sociali dei comuni” e selezionerà il servizio “Prestazioni sociali: trasmissione domande, istruzioni e software”.
Per fare la domanda del reddito di libertà bisogna avere lo Spid di livello 2 o superiore o una Carta di identità elettronica 3.0 (CIE) o la Carta Nazionale dei Servizi (CNS). Sarà poi l’Inps a comunicare l’esito della richiesta di reddito di libertà.
All’atto della domanda è necessario specificare, tra le altre cose, anche se si tratta di una condizione di bisogno ordinario o una condizione di bisogno straordinario e urgente, così come previsto dall’ articolo 3, comma 4, del D.P.C.M. del 17, dicembre 2020. Attestazione rilasciata, in questo caso, dal servizio sociale professionale del territorio di appartenenza. Il centro antiviolenza, inoltre, tramite il proprio legale rappresentante, deve rilasciare anche un’altra dichiarazione che attesti l’effettivo percorso di autonomia iniziato dalla donna.
Esito della domanda reddito di libertà
Gli esiti, a seguito dell’invio, della domanda per ottenere il reddito di libertà possono essere:
“Accolta in pagamento”;
“Non accolta per insufficienza di budget”;
“Accolta in attesa di IBAN”
L’esito della domanda viene comunicato direttamente dall’addetto comunale e anche sul recapito indicato in sede di compilazione della domanda ( numero di telefono o indirizzo email), per questo bisogna prestare attenzione quando si compila la domanda per ottenere il reddito di libertà.
Come viene pagato il reddito di libertà
Il reddito di libertà viene pagato tramite la modalità di pagamento scelta dall’interessata della prestazione. Il pagamento del reddito di libertà, come previsto dall’INPS, può avvenire con bonifico SEPA su un conto corrente a nome della donna beneficiaria del reddito di libertà, o un altro strumento abilitato a ricevere bonifici, come ad esempio una carta con IBAN. Il reddito di libertà viene pagato in un unica soluzione.
Il reddito di libertà contribuisce al reddito personale?
Così come indicato dalla circolare n.166/2021 dell’INPS che afferma: “Il contributo in questione è esente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche, ai sensi dell’articolo 34, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, in quanto erogato da un Ente pubblico a titolo assistenziale.” il reddito di libertà non viene calcolato come reddito personale ed è compatibile con altre forma di sostegno al reddito (compreso il reddito di cittadinanza).
Bisogna ricordare, che i fondi per finanziare questo reddito sono limitati, e pertanto non è garantita a tutti l’accoglimento della domanda, che verrà bloccata dal sistema quando le soglie di finanziamento regionali sono state raggiunte.
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