L’Italia è uno dei Paesi più densamente abitati dell’Unione Europea con 196 abitanti per chilometro quadrato, con alcune regioni come la Lombardia, il Lazio e la Campania dove si concentrano moltissimi abitanti.
La popolazione italiana sta incontrando notevoli difficoltà demografiche dovute all’invecchiamento della popolazione e alla crisi di natalità che ha fatto scendere le nascite sotto quota 400.000 annue nel 2022.
In questo articolo vediamo quante persone vivono in Italia e cosa prevede l’andamento demografico dei prossimi anni.
Quante persone vivono in Italia: una tendenza allarmante
La situazione demografica italiana è a dir poco allarmante. I residenti con più di 65 anni, considerati “anziani” sono ormai più di 14 milioni a inizio 2022, rappresentano un numero in crescita di ben 3 milioni rispetto a venti anni fa. Si stima che continuando di questo passo nel 2042 saranno quasi 19 milioni.
Passiamo ai “vecchi”, i grandi anziani, quelle persone che hanno compiuto almeno 80 anni, superano i 4,5 milioni e coloro che ne hanno dai cento in su superano le 20 mila unità, quadruplicati negli ultimi 20 anni e si prevede che triplichino ulteriormente entro i prossimi vent’anni.
Sul fronte natalità le cose non vanno meglio. Non ci sarebbe nessun problema infatti se a questo numero di persone in età molto adulta poggiasse su una base piramidale di giovani vogliosi di lavorare e mandare avanti il sistema. Invece non si fanno più figli e ormai le motivazioni di questo fenomeno non sono più solo economiche e sociali ma anche strutturali.
Le donne in età fertile sono sempre meno e dunque ci si trova di fronte ad un muro invalicabile. L’impossibilità di tenere il passo e l’avvicinarsi di un crollo demografico che è già reale.
Per capirlo riporto un estratto del Bollettino ADAPT 11 luglio 2022, n. 27, che soffermandosi sul problema demografico denota: Peraltro il fenomeno della denatalità non si affronta né si inverte – ammesso e non concesso che vi sia questa intenzione – con interventi di carattere economico e in un lasso di tempo congruo. Vi sono alla base dell’inverno demografico aspetti strutturali, sociali, culturali e naturali non aggirabili.
Continua con sentenze e dati davvero sconfortanti: Per quanti ddl Zan si possono approvare, per quanto l’identità di genere possa prevalere sulla banalità del sesso naturale, la procreazione avviene ancora dalla fecondazione, tramite spermatozoo maschile, di un ovulo femminile, la cui produzione incontra dei limiti naturali legati, alla fin dei conti, a dati anagrafici.
Le donne che fanno figli in Italia sono quelle con più di 30 anni, che quasi sempre si fermano al primo, mentre le giovani donne, quelle che facendo un figlio entro i 25 anni potrebbero averne un secondo e un terzo più facilmente hanno un tasso di natalità ancora inferiore e considerando che per mantenere l’attuale popolazione servirebbe un tasso di fecondità di 2,1 e che quello attuale a stento supera l’1 si capisce come la situazione sia realisticamente grave.
Senza nuovi nati non ci sono generazioni future, non ci saranno persone in età lavorativa e quelle in età riproduttiva saranno sempre meno, alimentando una spirale al ribasso con conseguenze da collasso sociale. Chi dovrebbe pagare pensioni ai pensionati, ospedali a chi sta male, forze di polizia, insegnanti, vigili del fuoco etc? Se non ci sono più persone?
Anche la popolazione straniera in Italia ha smesso di crescere come un tempo ed è rappresentata da 5 milioni e 194 mila residenti. La soluzione tampone e momentanea potrebbe passare anche dall’attrazione di immigrazione di qualità, fatta di persone qualificate e volenterose di far parte di un destino comune nazionale.
Popolazione italiana: i numeri
Nel 2021 la popolazione in Italia si attestava sui 59,6 milioni di abitanti per poi scendere sempre di più fino ai 58.983.000 abitanti nel 2022, anno nel quale si è toccato anche un minimo storico di nascite, che non hanno superato i 400.000 nuovi nati.
- Anno: 2019, Popolazione: 59.641.488
- Anno: 2020, Popolazione: 59.236.213
- Anno: 2021, Popolazione: 59.030.133
- Anno: 2022, Popolazione: 58.983.000

Dal 2018 è in vigore il censimento permanente della popolazione, che tiene conto degli abitanti annualmente e non più in maniera decennale. Il nuovo metodo funziona con l’impiego di dati a campione e utilizzando quelli presenti nei database amministrativi.
Quanti persone vivono al Nord, Centro e Sud Italia?
Si denota come la popolazione sia concentrata sopratutto nel Centro-Nord. Il nord da solo conta 27.373.273 residenti e il Centro ne aggiunge 11.724.035 mentre al sud ci sono 19.932.825. L’andamento negli ultimi anni è negativo per tutte le aree geografiche interessate con differenze a livello locale.
- Nord Italia: 27.373.273;
- Centro Italia 11.724.035;
- Sud Italia 19.932.825.

Dati 2021
Il nord continua ad essere la locomotiva del Paese e ad attrarre immigrati interni che da sud scelgono il settentrione per iniziare una nuova vita e lavorare. Ma cosa succederà quando il Sud Italia non avrà più giovani da destinare alla forza lavoro del nord?
Eh già, perchè il Nord finora ha potuto prosperare sia perchè il Sud ha rappresentato un ottimo bacino di consumatori delle merci e servizi prodotti al nord Italia, ma ha anche potuto attingere dal pozzo infinito delle risorse umane del sud. Giovani, intelligenti, vogliosi di lavorare e istruiti nelle Università settentrionali pronti a fare da forza lavoro nelle scuole, nelle fabbriche e negli ospedali del nord Italia.
Ma quando il sud sarà una distesa di case di riposo e zero giovani come farà il nord a trovare forza lavoro? Il mismatching lavorativo è già realtà oggi figuriamoci domani con le dinamiche demografiche in corso.
Possibili soluzioni al calo demografico
Il calo demografico è un problema sempre più sentito nella società italiana. Parlarne è già un inizio. Le soluzioni devono essere indicate da istituzione e parti sociali e deve essere avviato un programma serio di revisione della cultura che porta le donne a non fare figli prima dei 30 anni (età media primo figlio oltre 31 anni), creando misure di sostegno alle donne lavoratrici e soprattutto alle giovani donne che possono non avere ancora iniziato a lavorare e per questa ragione non avere un sostegno economico adeguato.
La cultura da una parte, la fine del lavoro precario dell’altra con una spinta all’economia anche e soprattutto nelle regioni del Sud. Il tutto accompagnato dall’incentivazione di nuovi canali migratori controllati, regolari e capaci di apportare risorse ed energie positive al Paese. Immigrazione lavorativa, che può iniziare già dalle università aperte agli stranieri che hanno voglia di trovare un lavoro e una sistemazione a lungo termine in Italia.
Tutte cose possibili, a cui possono essere aggiunte migliorie e strumenti in grado di affrontare il calo attuale della popolazione in modo serio, facendo scelte coraggiose e lungimiranti. I bonus a pioggia non bastano e non servono.
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