La tanto temuta recessione per il 2022 non c’è stata e quella prevista per il 2023 nella maggior parte dei paesi avanzati è stata ridimensionata o annullata come in Italia, dove la nostrana Banca d’Italia prevede addirittura una crescita dello 0,6%.
Il Regno Unito ha evitato la recessione nel 2022 con un pil in crescita dello 0,4% nell’ultimo trimestre dell’anno. Solo la scorsa settimana la Banca d’Inghilterra ha previsto che la Gran Bretagna è a rischio recessione superficiale ma di lunga durata, a partire dal primo trimestre di quest’anno e per i prossimi cinque trimestri.
Nel 2021 il rimbalzo post Covid aveva garantito una crescita del 7,6% e nel 2022 la crescita si è attestata sul +4%. “L’economia si e’ fortemente contratta a dicembre, il che significa che, nel complesso, non c’e’ stata crescita nell’economia negli ultimi tre mesi del 2022”, ha dichiarato Darren Morgan, il direttore delle statistiche economiche dell’Office for National Statistics.
L’economia del dopo Brexit è totalmente cambiata tanto che i venti di crisi si fanno sentire anche in un settore chiave dell’economia inglese: la finanza. Goldman Sachs trasferirà un certo numero di operatori a Milano, più vicino all’Europa continentale di quanto non lo sia Londa con la sua City.
Quel che è peggio però è l’aria di recessione che si respira in tutto il Regno Unito. Nonostante la crescita degli ultimi due anni, il prodotto interno lordo è ancora sotto dello 0,8% rispetto ai livelli pre-covid e le previsioni per il prossimo futuro non fanno ben sperare per un recupero in tempi brevi.
Recessione evitabile?
Per gli esperti la recessione è ancora molto probabile. Il trend trimestrale è in forte diminuizione. Sebbene l’ultimo trimestre del 2022 abbia visto il segno più, con il +0,4% registrato, veniva da un +1,9% del trimestre precedente, che fa ben capire la discesa in corso nel tasso di crescita. Discesa che se proseguirà come previsto darebbe vita ad una recessione nel 2023. Bastano due trimestri con il segno – per sancire una recessione ufficiale.
La recessione è poi quasi scontata se si pensa alla politica monetaria della Banca d’Inghilterra, che non è dissimile da quella della BCE o della Federal Reserve. Aumento dei tassi d’interesse per contrastare l’inflazione che viaggia ancora intorno al 10%.
Aumento dei tassi si traduce in un aumento del costo del credito per aziende e famiglie. Quindi meno soldi a disposizione per consumi e investimenti. Un classico credit crunch artificialmente indotto dalle Banche Centrali per contrastare l’inflazione. L’effetto collaterale? Recessione e aumento della disoccupazione.
Cosa c’è di diverso rispetto all’Italia o agli USA. In America ci sono in giro ancora molti soldi. La disoccupazione è al minimo storico e gli americani possono contare su riserve in abbondanza ma anche sul piano Build Back Better che metterà a correre un bel po ‘di risorse.
In Italia i fondi del PNRR saranno decisivi nel sostenere l’economia e nell’evitare una recessione che altrimenti, per ovvie leggi monetarie, sarebbe stata molto più probabile anche da noi. Inoltre l’export italiano dopo il Covid non solo ha retto la crisi delle materie prime e dello shock energetico ma si appresta a raggiungere nuovi record.
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