Trattato per l’Alto Mare: proteggere il 30% degli oceani entro il 2030

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Trattato per l'Alto Mare

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato il Trattato per l’Alto Mare, con l’obiettivo di proteggere il 30% degli oceani entro il 2030. Dopo trentotto ore di negoziati, l’ambasciatrice delle Nazioni Unite per gli oceani, Rena Lee, ha alzato il martelletto per battere un accordo storico. L’Alto Mare non sarà più considerato “terra di nessuno”, ma un luogo in cui impegnarsi tutti a proteggere la biodiversità e le risorse degli oceani.

Le basi del trattato per l’Alto Mare

Per capire l’importanza di questo trattato, è necessario fare un passo indietro al 1982, anno in cui fu siglata la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Si stabilì la regola per cui tutta quell’area di mare che si trova al di là della zona economica nazionale di un paese, oltre le 200 miglia nautiche dalla costa, è considerata “Alto mare“. Questa zona fa parte delle acque internazionali, fuori dalle giurisdizioni dei vari Stati, e lì ognuno ha il diritto di pescare, navigare o fare ricerca, per esempio. Questa zona occupa due terzi dell’oceano del mondo, ma solo l’1,2% delle acque è strettamente protetto. Significa che finora tutta la vita marina al di fuori di questa piccolissima percentuale è stata messa costantemente a rischio dalle azioni dell’uomo, dalla sovrapesca sino al traffico marittimo o gli impatti della crisi climatica che abbiamo innescato.

Questo è un problema enorme, considerando che gli ecosistemi oceanici producono la metà dell’ossigeno che respiriamo e rappresentano il 95% della biosfera del pianeta, oltre a essere il più grande serbatoio di carbonio del mondo. Le stime dell’IUCN (Unione internazionale per la Conservazione della natura) ci dicono che tra il 10% e il 15% delle specie marine sono oggi già a rischio di estinzione.

Trattato per l’Alto Mare: nuove regole per la tutela

Con il nuovo trattato sull’Alto Mare, oggi viene dunque riconosciuto e attuato l’impegno necessario per proteggere il 30% dei mari in soli sette anni. Nelle nuove aree protette, verranno posti specifici limiti alla quantità di pesca che si potrà praticare, ma anche alle rotte marittime e soprattutto alle attività di estrazione mineraria in acque profonde (a oltre 200 metri) che potrebbero rivelarsi devastanti per la salute degli ecosistemi.

Formalmente ci vorranno altri passaggi e incontri tra i rappresentanti dei paesi prima di iniziare con le politiche di protezione, ma la scelta è stata presa, nonostante diversi disaccordi precedenti legati a finanziamenti e diritti di pesca.

Inoltre, sono state stabilite una serie di norme e regolamenti vincolanti sulle attività di estrazione mineraria nelle acque internazionali. Questo perché, nonostante sia un’attività importante per l’economia globale, l’estrazione mineraria in acque profonde ha il potenziale di causare gravi danni all’ambiente marino, come la distruzione degli habitat, l’inquinamento delle acque e la riduzione della biodiversità.

In sintesi, l’approvazione del Trattato per l’Alto Mare rappresenta un passo importante per la salvaguardia degli oceani e della vita marina, fondamentale per il nostro pianeta e la nostra stessa esistenza. La creazione di nuove aree protette aiuterà a preservare la biodiversità e gli ecosistemi degli oceani, mentre la regolamentazione delle attività di estrazione mineraria in acque internazionali ridurrà i danni all’ambiente.

Tuttavia, per garantire l’effettiva attuazione del trattato, sarà necessario un impegno costante e coordinato da parte dei paesi membri delle Nazioni Unite. Solo attraverso un lavoro congiunto e un approccio multilaterale sarà possibile proteggere gli oceani e garantire un futuro sostenibile per il nostro pianeta.

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